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  Cattolici: che lavoro vogliamo?

Data di pubblicazione: Martedì, 23 Maggio 2017

TRAGUARDI SOCIALI / n.84 Maggio / Giugno :: Cattolici: che lavoro vogliamo?

Verso la Settimana sociale dei cattolici a Cagliari

Come ci stiamo preparando alla 48a Settimana sociale dei cattolici in Italia? Bella domanda, soprattutto se ad essa accostiamo il quesito fondamentale al quale tutti i cattolici italiani saranno chiamati a rispondere dal 26 al 29 ottobre a Cagliari: “Che lavoro vogliamo?”.
Una risposta l’ha già offerta la traccia predisposta dal Comitato scientifico e organizzativo, quando afferma - in sintonia con Papa Francesco - che il lavoro deve essere “libero, creativo, partecipativo e solidale”.
Al di là dell’indubbio successo dei quattro momenti nazionali preparatori (Verona, Firenze, Napoli e Roma), è giusto chiedersi quanto il tema del lavoro sia al centro delle attuali preoccupazioni delle comunità, delle parrocchie, delle diocesi, dei movimenti e delle associazioni.
Legittimo anche domandarsi se l’auspicio, espresso nella lettera-invito “ad avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii Gaudium per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni”, sia stato raccolto.
Difficile rispondere a queste domande, anche perché la stessa stampa cattolica fa fatica a dare conto di quanto si sta muovendo nel Paese e nelle sue mille periferie. Ma non dubitiamo che in tantissime diocesi e realtà locali sia già stato avviato il percorso suggerito: “denuncia, ascolto e narrazione, buone pratiche e proposta”.
Il tutto perché Cagliari diventi un punto di approdo e di sintesi, per poi tornare nei territori con una più forte capacità di presenza, proposta e interlocuzione.
Non sfugge a nessuno, però, che il tema del lavoro – e soprattutto della sua rarefazione – sia al centro delle preoccupazioni delle famiglie e in particolare dei giovani. Lo ha ribadito la stessa Conferenza episcopale italiana nel Messaggio per il 1° maggio, laddove ha sottolineato come “il lavoro resta un’emergenza nazionale.
Per tornare a guardare con ottimismo al proprio futuro, l’Italia deve mettere al primo posto il lavoro”.
Ecco, al primo posto. Facile a dirsi, estremamente difficile a farsi, considerate le angustie del bilancio pubblico (ad ogni livello: nazionale, regionale, comunale), la debolezza del Pil italiano (con tutti i suoi gap territoriali e settoriali), la crescita costante del risparmio degli italiani senza che tale ingente mole di denaro trovi uno sbocco produttivo, la fragilità delle imprese (vedi il caso Alitalia, ma non solo), la desertificazione industriale di intere aree del Paese, la mancanza di opportunità per i giovani che di giorno in giorno sembra assumere sempre più i contorni di una vera piaga sociale, soprattutto se associata all’abbandono scolastico e alla mancanza di preparazione e aggiornamento professionale. Altrettanti tasselli di un’emergenza Paese che reclama una politica in grado di assumere le criticità e di battere un colpo senza ulteriori indugi.
Da uomo di comunicazione sono rimasto molto colpito da alcune trasmissioni televisive, molto diverse fra loro, che pure hanno la capacità di convergere su una narrazione nuova del Paese reale. Da un lato Concita De Gregorio con il suo “FuoriRoma” prova a raccontare la provincia italiana e si imbatte puntualmente con il tema del lavoro (il vecchio che tramonta e il nuovo che fa fatica a emergere e a garantire benessere) e dall’altro Gad Lerner con il suo “Operai” che indirizza i riflettori sui lavoratori che hanno subito i contraccolpi della quarta rivoluzione industriale (basti pensare solo alla Fiat, cattedrale ormai scarnificata di quella che una volta era l’élite della classe operaia italiana, oggi fabbrica robotica). In queste due trasmissioni, come in quella di Pif dove, sulle orme di Ennio Flaiano e del suo “Marziano a Roma”, l’autore chiede ad alcuni italiani di raccontarsi al Caro Marziano… Anche qui il tema del lavoro è inevitabilmente un asset della narrazione.
Ma, a ben guardare, tutti e tre gli autori-conduttori, provengono da aree culturali molto diverse da quella cattolica. E’ solo un caso?
Noi cattolici non dovremmo rimboccarci le maniche per partecipare a questa narrazione pubblica, con i nostri punti di riferimento, con i nostri valori, con le nostre sensibilità... con quel rispetto verso la persona umana che non ci fa mai separare il lavoro dai lavoratori? Tutto facile? Niente affatto, in un tempo che sembra prepararci un mondo senza lavoro.
Perciò sarebbe utile non perdere altro tempo e occupare i mesi che ci dividono da Cagliari, dove non si celebrerà un convegno come tanti, per una “nostra” narrazione. E se ci scapperà la denuncia sociale, ben venga, visto che la chiedono anche i nostri pastori. E magari anche qualche proposta convincente, sostenibile e creatrice di ricchezza.

Domenico Delle Foglie

Lucio Toth ha lasciato la vita terrena

Il 27 aprile scorso è deceduto Lucio Toth: aveva 83 anni.
Non si può non ricordare che è stato Presidente del nostro Movimento, eletto con il Congresso del 1980 e rimasto in carica per due mandati e mezzo sino a quando, nel 1987, fu eletto Senatore della Repubblica.
Nato a Zara, è stato Magistrato di Cassazione e Presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.
Ha avuto una lunga milizia nell’Associazionismo Cattolico, iniziata in gioventù aclista e proseguita nel MCL, del quale è stato anche Responsabile dell’Ufficio studi e Vice Presidente Nazionale.
Del periodo della sua Presidenza vogliamo ricordare la manifestazione per la pace a Montecassino, le iniziative per il decennale a Firenze e a Roma, il Convegno per il Mezzogiorno, il primo incontro sulle autonomie locali tenutosi a Viterbo.
Durante la sua Presidenza ricordiamo la visita dell’allora Santo Padre, Giovanni Paolo II, nella sede MCL e, ancora, la visita del Presidente di Solidarnosc, Lech Walesa.
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