NOME UTENTE        PASSWORD  

Hai dimenticato la tua password?

Nell'ultimo numero di Traguardi Sociali:
Traguardi Sociali

Stai sfogliando il n.78-79-80 Serie 2016

Leggi la rivista in formato pdf Cerca numeri arretrati in archivio
.PDF Numero 78-79-80 (9039 KB) Sfoglia l'archivio di Traguardi Sociali Sfoglia l'archivio di Traguardi Sociali

  Il dibattito sulla legge elettorale e la connessione con il referendum

Data di pubblicazione: Martedì, 11 Ottobre 2016

TRAGUARDI SOCIALI / n.78-79-80 Serie 2016 :: Il dibattito sulla legge elettorale e la connessione con il referendum

Per una legge elettorale non di parte

è auspicabile che la riapertura del dibattito sulla legge elettorale e la sua negata – da alcuni – ma stretta connessione con il referendum sulla riforma costituzionale, non si risolvano in un mero confronto tattico. A tal fine è importante che il tema si apra ad un contributo propositivo oltre l’ambito strettamente politico e partitico, impegnando anche le realtà sociali.
La perenne difficoltà che si incontra, in Italia, nell’approvazione di una legge elettorale per l’elezione del Parlamento trova la sua spiegazione nella tendenza, non eliminabile, da parte delle forze politiche, di indicare proposte “di parte” volte, cioè, solo a favorirne l’affermazione, spesso limitatamente alle condizioni date.
Il sistema proporzionale, rimasto in vigore per quasi 50 anni, era in sintonia con una forma politica di governo parlamentare ed offriva la possibilità alle Camere di una rappresentanza diffusa.
La maggioranza a sostegno del governo si costruiva con le alleanze politiche. Negli anni ’70 e ’80 si iniziò a discutere sulla possibilità di una correzione in senso maggioritario delle regole elettorali, secondo un’idea diffusa di modificare il modello politico verso forme dirette o indirette di presidenzialismo. Le nuove norme elettorali per i Comuni e le Regioni andarono in questa direzione.
Sempre in questo senso – cioè nella possibilità di assicurare una maggioranza intorno a un leader o ad una coalizione di partiti – negli anni ’90 ed anche in seguito, furono approvate leggi elettorali generali che avevano l’obbiettivo di assicurare una maggioranza stabile, anche se, per varie ragioni di ordine politico, tale obbiettivo è stato raggiunto assai parzialmente.
In buona sostanza, rispetto al sistema proporzionale in vigore in passato, tali nuove regole elettorali hanno consentito alle coalizioni, pur non raggiungendo la maggioranza degli elettori, di ottenere una maggioranza dei seggi parlamentari.
Vale la pena di ricordare che l’unico tentativo negli anni ’50 di dare più stabilità alla maggioranza parlamentare, fu quello operato nel ’53 con il premio in seggi che veniva attribuito, però, solo in quanto la coalizione dei partiti avesse raggiunto il 50% + 1 dei voti espressi. Vi era, quindi, una corrispondenza tra maggioranza di voti espressi e maggioranza parlamentare. L’attuale discrasia, invece, non contribuisce di certo a contenere – anzi, forse, incentiva – il distacco dell’elettore e il crescente fenomeno dell’astensione.
Il dibattito odierno si è a tal punto deteriorato che stiamo assistendo ad un vero paradosso, e cioè che l’ultima legge approvata, pur non essendo stata ancora utilizzata, già risulta posta in discussione nel dibattito complessivo, per i suoi ipotizzati effetti negativi sul sistema politico, anche se gli schieramenti tendono a variare in relazione ai risultati che si registrano nelle diverse elezioni amministrative, in funzione o meno della sola convenienza. Addirittura si è aggiunto un ulteriore elemento e cioè che la legge elettorale e le sue possibili modifiche vengono chiamate in campo per decidere circa la scelta di sostenere o meno la nuova Costituzione.
In quasi tutte le diverse proposte si è abbandonato il principio di quella piena e necessaria corrispondenza tra voti e rappresentanza che non solo appare una regola democratica, ma esprime anche una base di legittimazione politica indispensabile per dar vita a governi che siano espressioni della sovranità popolare.
Vi è un altro aspetto che è trascurato nel dibattito in corso e cioè che, essendo le norme elettorali di rango costituzionale, i meccanismi rappresentativi che con esse vengono introdotti debbono essere anche in sintonia con la realtà complessiva della società del Paese, così come si è costruita nella sua storia e nella evoluzione sociale e culturale.
L’Italia – come si è potuto verificare anche in presenza di sistemi elettorali maggioritari – ha una connotazione plurale, frutto di una storia ricca di tradizioni e di influenze culturali differenti che tendono a riemergere in ambito politico. Tale connotazione non ha riguardato solo gli aspetti legati al territorio – regionali e comunali – ma si è affermata anche come cultura complessiva secondo ispirazioni differenti e diffuse. Si è trattato di un’espressione di intensa partecipazione popolare.
Il tentativo di portare il sistema politico italiano – secondo l’ispirazione di schemi politici di altri Paesi – verso il bipolarismo, si è risolto nel fallimento di questo vero e proprio “letto di Procuste”. Con l’ultima legge, poi, addirittura, si intende privilegiare l’affermazione parziale di un partito al quale il sistema approvato offrirebbe la possibilità di assumere tutto il potere, al cui leader attribuendo – con la correzione del bicameralismo perfetto – un rafforzamento del potere decisionale.
La governabilità, tanto invocata a sostegno della legge in vigore, risulta quindi sconnessa dalla rappresentanza, riducendosi ad un elemento puramente di tecnica di attribuzione del premio di maggioranza (“conoscere la sera chi ha vinto le elezioni”), a prescindere da quanto realmente “rappresentato”. Di conseguenza, si realizza una governabilità autoreferenziale che, cioè, non si fonda sulle caratteristiche antropologiche, ma su un astratto decisionismo avulso e incapace di coagulare le diversità con il realizzarsi di una maggioranza reale.
Spiace che anche coloro che posseggono una esperienza politica che si è consumata dal dopo guerra lungo gran parte della storia italiana, non colgano la carenza strutturale di una legge elettorale approvata con la forzatura del voto di fiducia dal governo Renzi. Napolitano, ad esempio, ne scorge una difficoltà, anch’essa frutto di un interesse parziale. Il rischio del successo di una formazione politica considerata antisistema come il M5Stelle è l’effetto contingente – certamente negativo – di una regola sbagliata, proprio perché svela – a prescindere da chi “vinca” – la possibilità che una frazione di elettorato possa diventare maggioranza parlamentare.
In sintesi, la ricostruzione della rappresentanza che riteniamo essere la vera questione istituzionale del Paese, passa anche per l’approvazione di regole elettorali che, secondo un assioma degasperiano, sempre più valido, siano nella direzione di “portare il popolo alla guida di se stesso” e non nell’interesse di una “parte”.

Pietro Giubilo
Vice Presidente Fondazione Italiana Europa
Popolare
 Torna ad inizio pagina 
Edizioni Traguardi Sociali | Trattamento dati personali