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  Per un’economia che non uccida

Data di pubblicazione: Venerdì, 18 Novembre 2016

TRAGUARDI SOCIALI / n.81 Novembre / Dicembre 2016 :: Per un’economia che non uccida

Economia Sociale di Mercato: un modello che coniuga equità ed efficienza

Il modello di economia sociale di mercato può essere definito in estrema sintesi come un ordine economico che si basa principalmente sul libero mercato, ma che include elementi per così dire di bilanciamento sociale, vale a dire, i principi di libertà, giustizia e solidarietà. I giudizi su un siffatto assetto economico nella sterminata letteratura accumulatasi negli anni, sono in prevalenza positivi. Secondo alcuni studiosi l’economia sociale di mercato mantiene la promessa di “prosperità per tutti”, mentre per altri offre la “cura per tutti i mali”. Secondo gli idealisti, invece, l’economia sociale di mercato sarà capace di riorganizzare le priorità politiche in modo da: (1) garantire l’accesso permanente alla formazione continua per tutti; (2) creare sistemi di sicurezza sociale sostenibili; (3) affrontare la questione della tutela della proprietà intellettuale; (4) assicurare ai Paesi in via di sviluppo un accesso equo al libero scambio; ed infine (5) dispiegare nuovi strumenti e meccanismi che supportino la responsabilità individuale volontaria delle persone.
L’economia sociale di mercato deve essere vista come un ordinamento sprovvisto di privilegi, dove né le élite di partito, né i gruppi di potere economico come i monopoli, i cartelli o i trust influenzino i mercati e la società. Applicato in linea di principio, questo ordinamento permetterebbe a tutti i membri di una società di ricevere le stesse opportunità di conseguire singolarmente un obiettivo sociale, a prescindere dal censo e dalla “classe” di appartenenza. Ciò si traduce in un maggior welfare per tutti, trasferendo le opportunità di consumo e la distribuzione della ricchezza all’interno della società, tramite l’ordine di mercato basato sulle regole. Una socializzazione del progresso economico-sociale e del profitto si manifesta, pertanto, mediante i canali di mobilità e di redistribuzione del reddito attivati dalle forze di mercato senza alcun intervento del governo.
Attualmente all’interno dell’Unione Europea si è alla ricerca di un modello economico e sociale che coniughi equità ed efficienza e che ridia slancio al processo di integrazione. La soluzione a nostro avviso deve essere ricercata nell’adozione del modello dell’Economia Sociale di Mercato. Tutto sta nel trovare un equilibrio tra le risposte alle seguenti tre domande: (a) quanto “sociale” è necessario?; (b) quanto “mercato” è lecito? e (c) quanta regolazione da parte del governo è indispensabile per rendere il sistema di successo? Nel variegato dibattito vi sono stati coloro che hanno sostenuto un ruolo del governo più o meno importante: per più mercato o per più regolamentazione ed altri ancora per l’aumento della dimensione sociale. Sta di fatto che nel contesto globalizzato di oggi, è fondamentale identificare un equilibrio che incoraggi e richieda lo spirito imprenditoriale del mercato e che corregga i suoi fallimenti: la concentrazione del potere nelle mani di pochi. Si ha bisogno per questo di forze compensative, sotto forma di un forte e rinnovato movimento sindacale (che si rivolga anche alle figure deboli del mercato del lavoro), di una società civile diversificata e sana e di partiti politici vigili e lungimiranti, che tengano a freno i possibili abusi e lo sfruttamento delle pratiche capitaliste, garantendo un’equa redistribuzione dei benefici del mercato con appropriati programmi sociali per gli esclusi (gli scarti dell’economia contemporanea). La quadratura tra efficienza ed equità tanto cara al filosofo tedesco Ralf Daherendorf e sulla cui necessità metteva in guardia nella metà degli anni ’90 del secolo scorso.
Risulta necessaria, insomma, una politica riformista che contribuisca a rendere più democratici i processi decisionali delle imprese ed a sviluppare un modello di economia sostenibile in termini sociali ed ambientali. Contribuendo a creare un’economia, parafrasando Papa Francesco, che non uccida e che non produca scarti.

Marco Boleo
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