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Non possiamo tirarci indietro: è il tempo di uscire dall’irrilevanza

MCL, Articoli e comunicati

Non possiamo tirarci indietro: è il tempo di uscire dall’irrilevanza

31/01/2014

Non possiamo tirarci indietro: è il tempo di uscire dall’irrilevanza

In anteprima l'Editoriale del presidente MCL Carlo Costalli su Traguardi Sociali n.63



Verso il Congresso Nazionale

Non possiamo tirarci indietro: è il tempo di uscire dall’irrilevanza


La caduta verticale di rappresentatività, l’usura delle istituzioni politiche (i partiti), la penuria di idee e ideali in grado di offrire un senso affidabile e rispettabile all’azione politica, pesano sulla democrazia del nostro Paese: e ci interrogano con forza, tutti.

Il contrapporsi di interessi e corporazioni restii a perseguire insieme il bene comune; il potere di gruppi oligarchici più stabili e forti delle leadership partitiche bloccano ogni tentativo di cambiamento, di riforme. La voglia di rottamare le sedi di rappresentanza, che hanno garantito coesione sociale per decenni, e la voglia di lacerare, con gusto distruttivo, il tessuto intermedio della nostra società: anche se alcune rappresentanze sociali hanno tentazioni suicide, per esempio nell’essersi intruppate nella drammatizzazione della crisi e nello “slittamento” verso la sudditanza alla politica e, conseguentemente, sono entrate in crisi.

Investire in quel “potenziale di sviluppo” della democrazia, che ancora esiste nel Paese ed è disponibile (e di cui anche noi facciamo parte), diventa sempre più indispensabile.

Indispensabile per lavorare alla costruzione di una democrazia, nazionale ed europea, che riesca a restituire ai cittadini la “confidenza” nella politica, facendone emergere il carattere migliore e le più utili finalità. Indispensabile soprattutto in questi tempi in cui le piazze si riempiono di contestatori di tutti i tipi e la coesione sociale, vanto del nostro Paese, rischia di entrare in crisi.

Siamo favorevoli ad un necessario ricambio della classe dirigente (l’abbiamo detto tante volte) soprattutto quando viene al di fuori da “conventicole” e facilita quella scomposizione che da tempo abbiamo auspicato. Per quanto riguarda in particolare Renzi speriamo che risponda ai quesiti etici e valoriali che molti cattolici (e noi per primi) pongono: i primi interventi, insistenti, dopo la sua elezione a Segretario del PD su questi temi, soprattutto sulle unioni civili, non sono assolutamente incoraggianti. Sembra tutto facile per un leader come Matteo Renzi, che si presenta come l’uomo giusto al momento giusto: sembrerebbe di sì, come dimostra il canale di comunicazione privilegiato che è subito riuscito ad attivare con molti “media”. Noi lo aspettiamo alla prova dei fatti, in particolare sui temi etici e sul lavoro (temi a noi particolarmente cari). Sul lavoro - dopo che si è gettato a capofitto a cavalcare, in modo ancora vago e contraddittorio, il tema del lavoro e della “semplificazione delle regole” che lo condizionano. Anche se con qualche rischiosa divagazione sta comunque dando una spinta forse decisiva ad un percorso di riforme indispensabili al Paese: noi lo giudicheremo, come sempre, nel merito e nei fatti e seguiremo con grande attenzione tutto il “processo riformatore” che finalmente si è messo in moto.

Nel contempo chiediamo al Presidente Letta di avere più coraggio, più determinazione nell’affrontare i veri “nodi” che bloccano la ripresa: e non sfiancarsi in estenuanti mediazioni come è apparso nei mesi scorsi.

Si deve lanciare una nuova offerta politica che sappia conquistare, in nome dell’europopolarismo ed una chiara avversione ai cedimenti relativisti, l’elettorato riformista e moderato, nel suo complesso. Soprattutto nella prossima campagna elettorale per l’elezione del Parlamento Europeo. E contrastare una deriva anti-europeista e radicale che emergerà anche a destra.

Un’operazione di tale portata non è praticabile solo con le “manovre di palazzo”, serve un lavoro nella società. Un nuovo modello di partito, applicando un collateralismo inverso, deve dare voce ed agibilità a posizioni ed esperienze che nella società rappresentino virtuosi segni riformatori. Nella società, infatti, dipanano la loro azione molti “corpi intermedi” che hanno ancora una comprensione più avanzata dei problemi e praticano risposte, nel solco del principio di sussidiarietà, molto innovative.
L’Europa intergovernativa ha molti difetti, ma rappresenta un punto di partenza. Con questa consapevolezza è necessario farsi promotori della costruzione di un europeismo consapevole.

Non possiamo tirarci indietro. Essere un “movimento popolare”: questa è la sfida che abbiamo di fronte. Questo tempo che ci è consegnato chiede a noi cattolici di uscire dall’irrilevanza in cui, in anni di “volontarie incomprensioni”, ci hanno recluso “alcuni profeti”: partendo da quelli “della scelta religiosa” fino agli alfieri di un certo “renzismo” intransigente. Abbiamo nel Paese sostenitori (a destra e a sinistra) di una politica becera, anti-europeista, priva di principi, populista e disposta a tutto pur di ottenere un po’ di consenso elettorale.

Dobbiamo stare molto attenti alle novità: dobbiamo saper parlare ai veri moderati e riformisti che non intendono mandare le nostre comunità allo sbaraglio solo per vincere le elezioni, che non hanno e non vogliono avere nulla da spartire con Grillo, e che sono consapevoli del fatto che l’Italia ha un futuro solo nell’Europa che, a sua volta, non può fare a meno del nostro Paese. Vogliamo forze politiche che diventino punto di riferimento della parte produttiva della società, disposte ad accettare quelle riforme che sono necessarie per competere nell’economia globalizzata e abbiano come obiettivo il risanamento dei conti pubblici quale condizione preliminare per la crescita e la tenuta sociale. Vogliamo forze politiche che non si sottraggano ad assumersi responsabilità difficili (anche sui temi etici) e ad accettare sfide temerarie: insieme, investire sul futuro per “guardare lontano”, pensando alle nuove generazioni.

Non “frenesie elettoralistiche” quindi, ma neppure “vivacchiare e tirare a campare”, e magari lucrare, come vorrebbero altri.

Le priorità sono quelle che la Chiesa ha indicato più volte: dalla formazione di una nuova classe dirigente (indicata da Benedetto XVI) all’emergenza povertà che sta a cuore a Papa Francesco. Il Magistero è chiaro e unitario (lo dico a coloro che sognano di dividerci). Per noi le priorità restano lavoro e welfare, famiglia e società, difesa della vita e diritti dei giovani, governabilità e riforme istituzionali: questi sono i temi che sottolineeremo di più nel percorso che ci avvicina all’ormai prossimo Congresso Nazionale. Tutti temi su cui non faremo mancare le nostre proposte.


Carlo Costalli
Presidente Nazionale MCL



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